I sette peccati capitali del CRM

L’idea per scrivere questo post del mio blog è nata da un articolo dell’importante rivista “Harvard Magazine”, il testo inizia con queste parole “Nella corsa all’automazione la prossima frontiera è nel marketing e nelle vendite. Come tutti sanno, nello scorso decennio i sistemi informatici sono penetrati in maniera massiccia nella progettazione e nella produzione…” e poi continua: “L’impegno nei  sistemi automatici di marketing e di vendita presenta invece possibilità enormi in termini di miglioramento della produttività”.

Tutto normale: sono argomenti noti ed attuali, così “tanto noti ed attuali” che l’articolo è nel numero 45 della rivista … Dicembre 1989 … ventisette anni fa!

All’epoca ero il responsabile Europeo per il Product Marketing dei Personal Computer in Hewlett-Packard ed ho conservato quel numero di “Harvard Magazine” fino ad oggi perché è stato uno degli elementi che mi ha portato a licenziarmi dalla Hewlett-Packard per tornare in Italia ed iniziare ad occuparmi di CRM, anzi: di “Database Marketing”, dato che il termine “CRM” sarebbe stato coniato da Tom Siebel  soltanto qualche anno dopo.

Il fatto che dopo tanto tempo quel vecchio articolo sia ancora così attuale ci pone delle domande spontanee:

  • Cosa abbiamo fatto in tutto questo tempo?
  • Cosa abbiamo sbagliato?
  • Perché i miglioramenti della produttività per il marketing e le vendite sono ancora considerati delle “promesse del futuro” e non una realtà già raggiunta dalla maggior parte delle aziende?

Ho iniziato ad occuparmi per davvero di CRM alla fine del 1990, da allora non ho mai smesso di farlo, anche se inizialmente come titolare di una Software House e poi da Consulente; ho partecipato a tantissimi progetti di CRM per Aziende grandi e piccole in quasi tutti i settori di mercato ed ho distillato le ragioni di questo “successo così lento” (mi secca chiamarlo insuccesso!), le ho chiamate:

I sette peccati capitali del CRM.

  1. Il primo “peccato” è stato commesso proprio da Tom Siebel che ha battezzato il software prodotto dalla sua azienda “Siebel ” proprio col nome di “CRM”. Il fatto che poi “Siebel CRM” abbia conquistato il mercato delle aziende “Fortune 1.000” ha portato troppe persone ad identificare il concetto stesso di CRM con quello di un programma applicativo, un po’ come per “Ferodo” e “Frigidaire” che, nati come marchi, sono diventati sinonimo delle “guarnizioni per i freni” e per i frigoriferi. In realtà, se ci pensiamo bene, CRM, cioè “Customer Reletionship Management” significa “Gestione delle Relazioni con i Clienti”: una cosa che fanno tutti, in tutte le aziende, con o senza software di automazione. Il danno è stato fatto e molti pensano che basti installare un software per far si che, quasi per magia, tutte le informazioni sui Clienti siano note e disponibili a tutti. L’esperienza ha dimostrato che NON è così ed anche la non elevata soddisfazione degli utenti di “Siebel CRM” dovrebbe indurci a meditare sull’argomento.
  2. Il secondo “peccato” è che, molto spesso, la responsabilità dei progetti di CRM è stata delegata a tecnici informatici, esperti di bit e byte, ma raramente in grado di capire le complesse problematiche di marketing e vendite. Quante volte mi sono dire dal responsabile del progetto, lato Cliente, “capisco che questa soluzione non piacerà agli utenti, ma tutte le modifiche all’organizzazione sono <<OUT of SCOPE>> in questo progetto …”. In altri termini, l’errore più grosso è di non capire che la definizione del “Software per gestire i Clienti” non è una semplice attività operativa, ma richiede di compiere scelte strategiche, realizzabili soltanto con la partecipazione della direzione aziendale.
  3. Al terzo posto inserirei un problema culturale: anche nell’ottimistica situazione in cui il team di progetto comprenda almeno una persona dotata di visione strategica e dei relativi poteri, è raro che questa abbia sufficienti competenze nel settore IT per porsi delle aspettative realistiche per ciò che è fattibile in una certa situazione. Se poi consideriamo che questo manager dovrà discutere con un tecnico, bravissimo in informatica, ma con scarsa sensibilità per i problemi strategici ed organizzativi, è chiaro come il risultato sia perlomeno incerto.
  4. Il quarto “peccato” è compiuto da marketing e vendite: spesso troppo presi da campagne e trattative per avere tempo di fermarsi a pensare ai vantaggi che l’automazione potrebbe sicuramente portare anche a loro; inoltre, è possibile continuare a spendere soldi in campagne di marketing e portare a casa degli ordini, anche lavorando esclusivamente con carta e matita. Questo è un punto critico, ma mi chiedo cosa sia stato fatto dal lato dell’offerta per spiegare i vantaggi della tecnologia in ambito commerciale.
  5. A volte troviamo dei veri Project Manager anche sui progetti CRM, persone esperte sia di organizzazione, sia di informatica, peccato però che si tratti quasi sempre di persone “riciclate” dai progetti gestionali. In questo caso l’errore è di non rendersi conto che un ERP è tipicamente “rivolto al passato”, nel senso che deve gestire e portare a compimento azioni generate in tempi precedenti: l’emissione di una fattura, ad esempio, è conseguenza di un ordine che è già stato preso e la gestione dei pagamenti avverrà nel futuro, ma con tempi e modi già definiti nel passato. Al contrario, un CRM è rivolto al futuro con l’obiettivo di incrementare vendite e profitti che dipenderanno da azioni, in gran parte, ancora da decidere. Se non ci si rende conto di questa fondamentale differenza, si rischia di produrre dei “gestionali per le vendite” che tolgono tempo ai venditori per registrare ciò che hanno già fatto, col risultato di sentirci dire: “a fine giornata sono stanco morto e non ho né tempo né voglia per mettermi a fare il CRM!!!”.
  6. Il peccato numero sei può essere collegato al precedente: per chi ha trascorso una vita a cercare di convincere i Clienti a firmare i contratti, può non essere facile capire che l’automazione può potare dei vantaggi anche a loro, a condizione che siano messi in grado di farlo. Ciò significa spiegare che la disponibilità di un nuovo strumento di lavoro si traduce in vantaggi soltanto se il nostro modo di lavorare saprà sfruttare quei vantaggi. In altri termini: formazione sul prodotto e change management devono mettere gli utilizzatori in condizione di sfruttare lo strumento nel loro ambiente di lavoro. Troppo spesso la formazione si limita ad una semplice elencazione delle funzioni in ordine alfabetico.
  7. Il settimo e ultimo peccato è di mettere in funzione il CRM col preciso scopo di controllare le persone. È vero, il CRM “cattura le informazioni”, per cui è anche possibile usarlo come mero strumento di controllo, ma:
    • Le persone non amano essere controllate e boicotteranno il CRM. Cosa fare ad un venditore di successo, uno che vende tanto, ma non vuole usare il CRM? Vorremmo mai licenziarlo per questo?…
    • Controllo va a braccetto con “punizione”: non sarebbe meglio pensare ad “aiutare” chi, per qualche motivo, ha delle prestazioni inferiori alle attese?
    • Inoltre: è vero che il CRM è una grande fonte di dati statistici, ma la statistica si basa su dati di eventi già successi e quindi non più modificabili. Lo scopo del CRM dovrebbe essere soprattutto di ottenere dati migliori in futuro.

Il CRM ha dunque fallito e lo possiamo mettere da parte, come le stampanti a margherita e le memorie a bolle che non sono riuscite a superare la fase di mortalità infantile? Sicuramente no, fortunatamente ho visto numerosi casi in cui “i Sette peccati capitali del CRM” non hanno causato il fallimento del progetto e voglio concludere con ottimismo: se conosciamo i pericoli che ci attendono lungo il cammino, le nostre possibilità di giungere a destinazione in ottime condizioni non possono che aumentare, quando funziona, il CRM ha dei ritorni economici in grado di superare anche le più rosee aspettative.

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Carlo Scampicchio
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